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Tre pensieri sulle "AI generative" e l'arte fotografica


Foto di Ugo Mulas, "Il laboratorio" 1971

  1. La fotografia come arte richiede un atto creativo, competenze, una visione da esprimere intenzionalmente, con pieno governo di questo atto. Come artista provo una totale assenza di motivazione a pubblicare contenuto generato con AI dai “miei” prompt, perché il risultato (a prescindere da quanto interessante sia) non sono capace di sentirlo né di affermarlo come “mio”, all’opposto delle immagini fotografiche che creo artigianalmente. In particolare quando scatto controllando la luce e gli equilibri in una foto, l'esperienza è totalmente differente, incomparabile. Provandolo si capisce intimamente come con l’AI generativa non si è autori, ma CO-autori e solo a patto che la generazione basata su AI sia inserita in un processo creativo più ampio; se invece ci si limita a generare immagini con prompt, senza usare una reference image propria, senza altri processamenti personali, etc: non si è autori, punto.

  2. Trovo non accettabile che a una società privata (come Midjourney) sia consentito di fare lucro saccheggiando ogni tipo di immagine dal web per istruire i propri Modelli, vendendo al pubblico un servizio che non riconosce nulla agli autori originali, neppure citazioni, e che ignora le limitazioni che la proprietà intellettuale imporrebbe. Senza l’enorme mole di dati visivi con cui sono stati istruiti i Modelli, l’AI produce zero risultati utili, ma questa attività è sregolata e indiscriminata; i casi documentati di plagio e uso non autorizzato di immagini per addestrare i Modelli, sono numerosi.

  3. In termini generali questo trend avrà numerose conseguenze negative: la percezione del pubblico sarà che per produrre immagini serve poca o nessuna competenza, e questo impatta anche gli autori che non fanno uso di AI generative. Quindi in futuro chi dedicherà tempo, energie e investimenti per sviluppare competenze in un ambito artistico svuotato di valore? Pochi. Paradossale, se pensiamo che i risultati delle “AI generative” sono resi possibili dalla vasta disponibilità di immagini prodotte nei secoli da artisti che hanno dedicato la loro vita allo sviluppo di competenze e visioni; se in futuro analoghe competenze saranno percepite come incapaci di generare un mestiere, un reddito o almeno un riconoscimento, quelle competenze tramonteranno (probabilmente insieme alla nozione di “autore”). Ma se è così, chi e con quali competenze produrrà innovazione nell’arte visuale?

Per ragioni come queste, il mio libro "Futuro in Arbëria: visioni di donne", oltre a non contenere alcun contenuto generato con AI (del resto è stato completato nel 2021), non è AI-friendly. Nel presente scenario in cui si assiste a un uso sregolato delle tecnologie note al pubblico come “Intelligenze Artificiali”, gli autori devono tutelarsi dall’opera sistematica di rastrellamento di contenuti digitali che viene compiuta allo scopo di consentire ai cosiddetti servizi di “AI Generativa” di creare contenuti, senza alcun tipo di citazione e compensazione, ignorando del tutto il copyright.


Lorenzo Fortunati

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